Il Senatore Marino, il testamento biologico ed altro

La venuta a Ravenna del Senatore Ignazio Marino, ci permette di dare una lettura plausibile delle reazioni a due nostre petizioni presentate al Comune di Ravenna.
L’ultima nostra petizione, che chiede di istituire un registro comunale dei testamenti biologici, è stata presentata lo scorso maggio ed ha ricevuto un parere favorevole in tutte le dieci Circoscrizioni. Lo stesso Senatore Marino, appoggiandoli, ha dichiarato che questi registri comunali hanno una valore pressoché inesistente, perché privi di valore legale. Ne rimane quindi un intento politico.

Sappiamo, ovviamente, che per alcuni politici la possibilità dei singoli cittadini di esprimersi liberamente sulla volontà di essere sottoposti a trattamenti medici, in caso di malattia o lesione cerebrale invalidante, è questione non negoziabile. Per noi, laici e relativisti, le singole convinzioni religiose sulla fine della propria esistenza, non devono condizionare o, peggio, obbligare, chi invece ha un differente approccio alla vita. È questo un dato acquisito negli Stati europei che hanno superato certe pulsioni clericali.
Apprendiamo dalla stampa delle dure dichiarazioni di alcuni politici locali, sia della maggioranza che della minoranza, contro l’istituzione del registro dei testamenti biologici a Ravenna. Questa venuta allo scoperto ci permette però di interpretare l’accoglienza, ben diversa, che ha avuto una nostra precedente petizione. Lo scorso anno, chiedevamo che la quota derivata dagli oneri di urbanizzazione secondaria e che il Comune ha destinato finora alla Chiesa cattolica ed ai Testimoni di Geova, venisse ridotta in favore di strutture di proprietà pubblica, ovvero comunale. Per il quadriennio 2004-2007 la somma erogata alle confessioni religiose ha raggiunto 1.136.987,78 euro.
A noi sembrava una richiesta di buon senso ma la Commissione Affari Istituzionali e successivamente il Consiglio comunale si sono espressi in modo contrario. Ed ecco una chiave di lettura della politica ravennate. È sufficiente che si dichiari la possibilità di esprimersi a favore di una questione laica, sia pur simbolica – il registro dei testamenti biologici – che la parte politica più conservatrice ponga il proprio veto. E con buone probabilità di successo.
Così, leggere positive dichiarazioni da parte di altri politici, sulla laicità di Ravenna ci lascia dubbiosi quando non scettici. Non solo perché Ravenna è continuamente descritta come una città abitata o da cattolici o da musulmani, tralasciando che vi abitano migliaia di atei ed agnostici quanto perché una straordinaria occasione perduta era quella degli oneri di urbanizzazione secondaria.
Dunque, perché stupirsi se il finanziamento alle confessioni religiose, questione ben più concreta e terrena, è stata respinta o minimizzata con tale fermezza, anche da una certa parte che si sarebbe supposta laica?

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